Innamorato di Dio. Innamorato della sua terra. Innamorato della sua gente. Questo era Don Peppe Diana, casalese purosangue, sacerdote ma soprattutto uomo che aveva compreso il segreto della vita: l’Amore. Quell’amore alto con la A maiuscola che è dono di se per l’amato.
Qualcuno 25 anni fa pensò di spegnere questo fuoco dell’amore con un’arma da fuoco. Ma può mai fuoco estinguere altro fuoco? E infatti i piccoli focolai, accesi da don Diana nella sua città si sono propagati raggiungendo territori vicini e lontani. La loro luce, il loro calore hanno saputo contagiare associazioni, parrocchie, scuole, famiglie, trasformando tanti in profeti di speranza, altri fuochi.
Don Peppe Diana è stato un martire, proprio come lo è stato Stefano, primo martire della Chiesa. Papa Francesco racconta che Stefano accusava il popolo, gli anziani e gli scribi che l’avevano trascinato in tribunale dicendo “’Voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Voi non siete coerenti con la vita che viene dalle vostre radici’. Ma avevano il cuore chiuso, non volevano ascoltarlo. E come i profeti precedenti erano stati perseguitati dai loro padri, così questi anziani e scribi ‘furibondi in cuor loro’ si scagliarono tutti insieme contro Stefano, ‘lo trascinarono fuori dalla città e si misero a lapidarlo’. Quando il profeta arriva alla verità e tocca il cuore, si scatena la rabbia, la persecuzione. Così finisce la vita di un profeta“.
Peppe Diana anche dopo la morte è stato accusato ingiustamente, calunniato, sospettato di essere colluso con quella camorra che lui aveva denunciato dai tetti e combattuto nelle strade. Come lui, un suo conterraneo, Mario Diana, imprenditore e vittima innocente di camorra si ritrova a fare i conti con le stesse ombre. E questo nonostante la Fondazione a lui dedicata continua a sostenere progetti di libertà di educazione al rispetto delle regole, in un territorio ancora ferito dalla violenza che vive una sua notte culturale, dove quei giovani che don Diana cercava di attirare a se per toglierli dalla strada sono troppo spesso oggi costretti a cercare futuro in terre lontane.
”Un vero profeta è capace di piangere per il suo popolo e anche di dire le cose forti quando deve dirle – affermava Francesco -. Non è tiepido, sempre è così: diretto. Il vero profeta non è un ‘profeta di sventure’. Il vero profeta è un profeta di speranza: aprire porte, risanare le radici, per andare avanti. Non è per ufficio un rimproveratore. No, è un uomo di speranza. Rimprovera quando è necessario e spalanca le porte guardando l’orizzonte della speranza. Il vero profeta se fa bene il suo mestiere è anche capace di giocarsi la pelle per dire la verità.”
Don Peppe Diana è stato ucciso il 19 marzo, alle porte della primavera. quando le rondini annunciano il fiorire di nuova vita. Anche oggi “ci vogliono rondini”, continua a ripetere Papa Francesco, “ci vuole una primavera, profeti di speranza: siate voi”. E si è profeti se si ama come ha saputo fare don Peppe. La parola amore, in latino a-mors significa senza morte ed proprio in nome di questo amore impastato di eterno che la Fondazione Mario Diana continuerà quanto iniziato da questo martire e da tanti altri che hanno vinto e continuano a vincere il male con la fragile arma dell’Amore.
Elpidio Pota Segretario generale della Fondazione Mario Diana onlus