Prometeo Summer School Philadelphia: non solo ricerca

Prometeo Summer School Philadelphia: non solo ricerca

Prometeo Summer School Philadelphia: non solo ricerca

Resoconto e testimonianze di una scuola di formazione negli U.S.A. a cui quattro studenti universitari italiani di differenti discipline scientifiche hanno partecipato, accompagnati da Alessandra Smerilli, religiosa salesiana, economista, consulente della Santa Sede ed innamorata dei giovani tanto da essere chiamata a prendere parte al recente Sinodo dei vescovi avente come tema proprio le nuove generazioni. Un’esperienza dei 5 che, scopriamo,  non è stata solo di lavoro, ricerca, studio, programmazione, riunioni giornaliere, report, presentazioni, incontri con aziende e laboratori, ma qualcosa che è andato anche oltre.

12 settembre 2019

Marco Miggiano ed Elpidio Pota

12 agosto 2019, l’Airbus A330 dell’America Airlines è appena atterrato all’aeroporto internazionale di Roma Fiumicino proveniente da Philadelphia; Mariano, Martina, Ilaria, Irene e suor Alessandra, contenti, fanno ritorno alle loro case. Negli stessi minuti dall’account ufficiale di papa Francesco parte un twitter lanciato in occasione della Giornata internazionale della Gioventù istituita dall’Onu nel 1999: «L’educazione con orizzonti aperti alla trascendenza aiuta i giovani a sognare e costruire un mondo più bello. #IYD2019». Leggendo questo articolo fino in fondo potrete scoprire che forse questo messaggio social del Papa, per i 4 ragazzi e per suor Alessandra, è stata una felice coincidenza e nello stesso tempo un’attestazione, seppur non direttamente voluta, all’esperienza da loro vissuta nelle tre settimane precedenti.

La terza edizione della Summer School Prometeo Philadelphia si è, quindi, conclusa. Ancora una volta, grazie alla Fondazione Mario Diana Onlus e alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium di Roma, un gruppo di giovani universitari ha avuto l’opportunità di svolgere un tirocinio di ricerca di tre settimane presso i laboratori dello Sbarro Health Research Organization di Philadelphia, all’interno della Temple University. Preziosa è stata la collaborazione della Scuola di Economia civile e decisivo il sostegno fornito dall’azienda di Pontecagnano, Automar Logistic. Il nuovo team ha portato a termine un ottimo lavoro dando forma e sostanza al gioco virtuale in 3D Make It Green, dedicato all’economia circolare e alla sostenibilità ambientale.

É stata un’esperienza ricca e vissuta in maniera intesa per Mariano Manzi, Martina Mataldi, Irene Sarà e Ilaria Zilio, il gruppo di lavoro della terza edizione, che come ogni anno sono stati guidati e accompagnati dai consigli e dal supporto di Suor Alessandra Smerilli, docente di Economia presso la Facoltà Auxilium, la quale ha condotto con spirito materno ma nello stesso tempo professionale i quattro giovani nel loro tempo di studio, ricerca e svago. “È il terzo anno consecutivo che accompagno i ragazzi in questa avventura oltre oceano – ci racconta Suor Alessandra – Ogni volta è un’esperienza unica. Quest’anno sono rimasta particolarmente colpita per come tutto quello che abbiamo approfondito sia man mano diventato realtà. La realizzazione del gioco è stata per noi una revisione delle nostre abitudini quotidiane. Anche le serie TV viste la sera per rilassarci erano in tema. Ho apprezzato la serietà dei ragazzi, che hanno sempre messo il lavoro al primo posto, ma hanno anche saputo divertirsi e vivere momenti di svago e di cultura. Direi che è stata un’esperienza piena, abbondante, viva”.

Stesso giudizio espresso anche dal tutor Andrea Chirico, dello Sbarro Center, elemento fondamentale del gruppo che da anni segue i giovani ricercatori: “Sono davvero felice di questa edizione perché, al di là dei risultati ottenuti in termini operativi (software, videogioco, scenario), penso che torniamo a casa arricchiti di un’esperienza costruttiva per tutti, che ci ha insegnato davvero moltissimo”.

I ragazzi hanno avuto momenti di duro lavoro affrontato ogni giorno con incessante impegno, confrontatosi con esperti del settore, docenti universitari e con gli obiettivi del progetto. Non è stato facile ma tutti sono stati contenti dei risultati raggiunti: “Siamo molto grati di questa opportunità: l’esperienza è stata formativa sia dal punto di vista personale che professionale. Abbiamo potuto sperimentare un’occasione lavorativa concreta, per di più oltreoceano, conoscendo nuove persone con competenze diverse”, a raccontarlo Iarlia Zilio, che si è occupata della comunicazione del progetto.

Ancora, Mariano Manzi, informatico, condivide le sue sensazioni: “Ognuno ha perfezionato le proprie conoscenze e abilità professionali e insieme abbiamo migliorato molte soft skills quali il problem solving, la capacità di lavorare in team, la capacità di decentrarsi e di delegare, ma soprattutto l’ascolto e l’incontro dell’altro nella vita di tutti i giorni”.

Irene Sarà, esperta di grafica, invece ha sottolineato l’aspetto umano di quelle giornate: “Oltre ad un buon rapporto lavorativo si è instaurata anche una profonda amicizia che sta proseguendo nonostante i chilometri di distanza. Siamo orgogliosi dei risultati ottenuti e del duro lavoro svolto”.

Una delle maggiori soddisfazioni è stata quella di completare il gioco in tempo utile, testarlo e farlo provare. In particolare, ci ha appagato il momento in cui le persone entravano per la prima volta nello scenario virtuale da noi ideato e restavano stupite, si emozionavano, si divertivano. Il progetto ci ha lasciato molta curiosità riguardo lo stato del nostro pianeta, l’economia circolare e il disimpegno morale, esteso ad ogni situazione che viviamo quotidianamente”, conclude infine, Martina Mataldi.

Lavoro, ricerca, studio, programmazione, riunioni giornaliere, report, presentazioni, incontri con aziende e laboratori del settore; tutto questo è stata la terza edizione della Summer School di Prometeo, ma non solo. Dietro l’impegno di questi quattro ragazzi c’è tanto altro, un aspetto ancora più intimo che Suor Alessandra ha voluto raccontare attraverso un articolo pubblicato sul quotidiano Avvenire (QUI per leggere l’articolo). In maniera molto spontanea e sincera, in quei giorni, nei quattro universitari, si è costruito un nuovo immaginario tradizionale di comunità anche spirituale e di comunione; le porte della casa si sono aperte ogni giorno per la celebrazione della Messa. Ma c’è di più, perché questo momento di raccoglimento quotidiano è stata l’occasione per attrarre altri giovani universitari del posto con i quali condividere momenti di dialogo e confronto.