Tra disillusioni, pregiudizi e mancanza di informazioni esatte l’Italia continua ad assistere ad un vero e proprio esodo di studenti che dopo il diploma lasciano il Mezzogiorno e si trasferiscono al Centro-Nord per frequentare l’università.
Se fino a pochi anni fa il vero grande problema in materia di istruzione era il calo delle iscrizioni – che dal 2003 al 2015 ha fatto perdere il 20% delle matricole agli atenei italiani – oggi il nodo principale è la fuga di talenti dal Sud. Da uno studio realizzato dall’Istituto di ricerca socioeconomica italiana Censis per Confcooperative emerge, infatti, che “solo” nell’anno accademico 2014-2015 quasi 23.000 giovani universitari si sono spostati verso le regioni del Centro-Nord, che di conseguenza vantano un esercito di ben 168mila iscritti meridionali.
Un fenomeno allarmante, che provoca enormi costi economici per il sistema universitario e per le famiglie del Sud.
E se pensiamo alle tasse che le famiglie pagano per sostenere l’istruzione universitaria dei loro figli è subito chiaro che questo allontanamento di massa provoca un’enorme perdita di risorse per il sistema universitario meridionale, pari a 122 milioni di euro. All’opposto, l’indagine parla di un guadagno di 248 milioni di euro per le università settentrionali, chiarendo che questo trend, se dovesse proseguire, da qui a dieci anni causerebbe un notevole impoverimento per le università meridionali – superiore al miliardo di euro -, un aumento della spesa per le tasse universitarie sostenute dalle famiglie – pari a 1,2 miliardi – e una disponibilità di risorse aggiuntive per le università del Centro-Nord intorno ai 2,5 miliardi.
Per non parlare dell’enorme perdita sociale e culturale che la fuga di talenti al Nord arreca al Mezzogiorno. Nel 2013 ben 26.000 laureati hanno lasciato il Sud; nel 2008 erano stati 19.000.
Ma non solo: sempre nel 2013 sono stati 5000 i giovani talenti che hanno scelto di abbandonare l’Italia per trasferirsi all’estero, e il XVIII Rapporto del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea rivela che i nostri ragazzi sono molto apprezzati e ricercati all’estero. “Al 51% degli studenti che partecipa al programma Erasmus+ viene proposto di restare a lavorare lì, a fronte di una media europea del 30% – spiega il Presidente di AlmaLaurea, Ivano Dionigi -. E questo non avviene solo grazie alle università, ma anche alla scuola secondaria che a mio avviso forma gli studenti più colti d’Europa. Si tratta di una scelta che impone attente riflessioni perché occorre sostenere spese notevoli. Investire nel diritto allo studio è fondamentale. Quello degli atenei è un ruolo sociale importante, in particolare sui fronti dell’orientamento in entrata e in uscita e dell’internazionalizzazione. Per questo l’università, senza perdere la propria autonomia, deve stringere sinergie con le imprese e studiare corsi che permettano di entrare subito nel mondo del lavoro. E sono necessari interventi che ristabiliscano le chance di competizione per il sistema universitario meridionale e aumentino il grado di attrattività degli atenei del Mezzogiorno”.